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Radicali (cinese)


Radicali (cinese)


I radicali (in mandarino 部首S, BùshǒuP; in cantonese bou6sau2; in giapponese ぶしゅ?, Bushu; in coreano 부수?, BusuLR; in vietnamita Bộ thủ) sono una componente grafica degli hanzi (汉字, i caratteri cinesi o "sinogrammi"), utilizzata per trovare le parole sul dizionario. Tutti i sinogrammi, sia tradizionali che moderni, sono scomponibili in parti più piccole, che sono proprio i radicali, che quindi formano i "mattoncini" della scrittura, le unità minime. Conoscendo gran parte di queste unità minime e il loro significato, risulta molto semplice memorizzare i caratteri cinesi (sia semplificati che tradizionali), usati per scrivere in cinese e giapponese accanto al kana (e anticamente in coreano e vietnamita). Risulta anche più semplice compiere studi filologici e paleografici sui caratteri cinesi. I loro antenati, trattati in modo succinto in fondo all'articolo, sono i radicali Shuowen (说文解字部首), cioè la prima lista inventata di radicali per semplificare la ricerca in un dizionario. Questa lista ne contiene 540, è stata creata da Xu Shen e inserita nello Shuowen Jiezi (100 d.C. circa).

I radicali nella scrittura cinese sono elementi chiave che forniscono indicazioni semantiche sui caratteri, anche se comprendere il loro significato originale può essere complicato a causa dell'evoluzione storica e culturale. Alcuni radicali possono avere una componente fonetica, fungendo da "chiave di lettura" per la pronuncia, mentre altri si limitano a chiarire il significato. Questo principio, noto come "principio del rebus", è alla base del 90% dei caratteri cinesi, consentendo la composizione di numerosi caratteri utilizzando una chiave di lettura fissa o un radicale comune.

I radicali, che hanno origine da pittogrammi di oggetti reali, sono stati stilizzati nel corso dell'evoluzione della scrittura cinese e, successivamente, ulteriormente semplificati durante il periodo della semplificazione dei caratteri sotto il regime comunista nella seconda metà del Novecento.

Oltre ad essere utilizzati nella scrittura cinese, i radicali sono impiegati anche per classificare i caratteri giapponesi (kanji) e quelli coreani (hanja), benché questi ultimi siano stati in gran parte sostituiti dall'alfabeto hangeul. In Vietnam, i caratteri vietnamiti (chữ Nôm) sono stati sostituiti dall'alfabeto latino.

Non esiste un accordo universale sul numero esatto di radicali esistenti. Tuttavia, la lista di 214 radicali, standardizzata nel 1615 e ufficializzata nel dizionario Kangxi nel 1716 durante la dinastia Qing, è ampiamente accettata come standard. Questi radicali sono noti anche come "radicali Kangxi" (康熙部首S, Kāngxī bù shǒuP) e costituiscono la base per la classificazione dei caratteri cinesi, giapponesi, coreani e vietnamiti.

I radicali Kangxi variano da uno a diciassette tratti, e dei 214, 195 sono ancora in uso. La pronuncia dei radicali nelle diverse lingue sino-xeniche e nei dialetti conservativi (cantonese, hakka, amoy hokkien, hokkien taiwanese, shangtou, quanzhou e chaozhou) conserva caratteristiche antiche risalenti al primo cinese medio, come le consonanti occlusive sorda *-p, *-t, *-k , *-m.

Nel 2009, i radicali Kangxi sono stati rimaneggiati per formare una lista di 201 radicali, adattandoli alla semplificazione dei caratteri tradizionali avvenuta nel 1954. Questa lista, emanata dal Ministero dell'Educazione della Repubblica Popolare Cinese e conosciuta come 汉字部首表S, Hànzì bù shǒu biǎoP, serve da base per dizionari come lo Xiandai Hanyu Cidian e lo Xinhua Cidian.

I radicali sono elementi fondamentali dei caratteri cinesi e possono apparire in varie posizioni all'interno di un carattere. Ad esempio, il radicale 女 ("donna") può trovarsi a sinistra nei caratteri 姐 ("sorella maggiore"), 媽 ("madre"), 她 ("lei"), 好 ("bene"), 姓 ("cognome") o sotto, come in 妾 ("concubina").

I radicali possono essere classificati in due categorie principali: semantici e fonetici.

  1. Componenti semantici: Questi radicali indicano il significato generale del carattere e tendono a essere posizionati in alto o a sinistra del carattere. Ad esempio:
    • Il radicale 氵 (tre gocce d'acqua) si trova a sinistra nei caratteri che hanno a che fare con l'acqua o i liquidi, come 海 ("mare") e 河 ("fiume").
    • Il radicale 木 (albero) è spesso a sinistra in caratteri che si riferiscono a piante o legno, come 森 ("foresta") e 林 ("bosco").
  2. Componenti fonetici: Questi elementi suggeriscono la pronuncia del carattere e di solito si trovano a destra, sotto o all'interno del carattere se incassati. Ad esempio:
    • Il carattere 问 (chiedere) contiene il componente fonetico 门 ("porta"), che indica la pronuncia simile.
    • Il carattere 请 (per favore) include il componente fonetico 青 ("verde/blu").

Nonostante queste tendenze generali, ci sono numerose eccezioni. Alcuni caratteri non seguono le regole convenzionali di posizionamento dei radicali, rendendo importante considerare queste regole come linee guida piuttosto che norme rigide. Ad esempio, il carattere 休 ("riposo"), composto da 人 ("persona") e 木 ("albero"), non segue il posizionamento comune in cui il componente semantico (木) si trova a sinistra.

Ad ogni modo, in generale, esistono sette posizionamenti dei radicali che in giapponese sono conosciuti con nomi specifici.

I radicali, quando combinati con altri elementi, possono subire modifiche stilistiche per adattarsi al contesto del carattere. Questi cambiamenti possono comportare una compressione o una stilizzazione del radicale, che può essere alterato fino a diventare visibilmente diverso dalla sua forma isolata. Ad esempio, il radicale 心 ("cuore") appare spesso come 忄 quando è posizionato a sinistra, come in 您 ("voi") e 怕 ("paura").

La maggior parte dei dizionari cinesi, incluso il celebre Shuowen Jiezi di Xu Shen, utilizza i radicali come metodo principale per l'identificazione dei caratteri. Questo sistema, noto come "section-header-and-stroke-count" e successivamente perfezionato da Mei Yingzuo, cataloga i caratteri in base al loro radicale e al numero di tratti. Nel dizionario di Xu Shen, compilato durante la dinastia Han, i radicali erano 540. Successivamente, durante la dinastia Ming, Mei Yingzuo ridusse questo numero a 214 nel 1615. Questo standard è mantenuto nel famoso Dizionario di Kangxi. I passaggi necessari per trovare un carattere nel dizionario sono i seguenti:

  1. Identificare il radicale del carattere e contare il numero dei tratti.
  2. Trovare il radicale nella lista all'inizio del dizionario, dove tutti i 214 radicali sono ordinati per numero di tratti crescente.
  3. Una volta individuato il radicale, contare il numero di tratti nella parte rimanente del carattere (la chiave di lettura, se presente).
  4. Cercare il carattere tra quelli che condividono il medesimo radicale. Le chiavi di lettura sono ordinate per numero di tratti crescente.
  5. Una volta trovato il carattere, è possibile apprenderne la pronuncia in pinyin, il sistema di romanizzazione più utilizzato per il cinese.

Ad esempio, il carattere 信, xìn ("verità", "fede", "sincerità", "fiducia") ha come radicale 亻, rén ("persona"), composto da due tratti. La chiave di lettura ha invece sette tratti (言, yán, "discorso", "parola", "dire"). Per cercarlo nel dizionario, bisogna trovare il radicale della persona nella sezione che elenca tutti i radicali (人, 木, 鸟, 日, 目, 王, ecc.). Una volta trovato, si cerca la chiave di lettura tra i caratteri con il radicale della persona (什, 但, 你, 做, 住, 们, 俩, 位, 件, 做, 体, 低, ecc.) e con una chiave di sette tratti (tra cui necessariamente si trova 信). Una volta individuato il carattere nel dizionario, è possibile leggerne la romanizzazione pinyin, la versione tradizionale, il significato e tutti i vocaboli che iniziano con quel carattere.

Nella tabella che segue, i 214 radicali (部首, abbreviabile in 部, come già li chiamava Xu Shen 许慎) sono suddivisi per numero di tratti (笔画, abbreviabile in 画). La tabella riporta inoltre il numero, ordinato in crescendo, assegnato a ciascun radicale nel dizionario classico Kangxi (ed oggi anche uno standard Unicode). La pulsantiera all'inizio di ciascuna sezione permette di ordinare la lista anche in base alla romanizzazione, eseguita con il pinyin (che include peraltro la modulazione tonale, fondamentale, e altri nomi in base alla posizione del radicale). Il nome è quello usato in cinese moderno, anche se successivamente le altre lingue hanno adattato il nome (ad esempio, 大 si pronuncia "dà; dài", mentre in coreano, se non è in isolamento, si pronuncia "dae" /dɛ/), conservando talvolta caratteristiche della pronuncia del cinese medio. Alcuni radicali possono apparire da soli e sviluppare nuovi significati, altri sono rigorosamente legati. La descrizione spiega il pittogramma originario, il senso e l'eventuale evoluzione di stile, includendo la semplificazione della metà Novecento. Alcuni radicali sono anche chiavi di lettura di altri caratteri e, durante la stilizzazione, possono avere assunto l'aspetto di falsi amici. Si ricorda inoltre che alcuni radicali, da quando i caratteri sono stati semplificati e/o alcune loro varianti sono state epurate, sono caduti in disuso. Ad esempio, il carattere 吹 (chuī), "soffiare", aveva la variante 龡, epurata. Era uno dei pochi caratteri che conteneva il radicale del flauto 龠 yuè, già raro in passato e oggi in disuso. Insieme alla descrizione del carattere, sono presenti i caratteri semplificati più diffusi classificati/classificabili sotto quel radicale, con l'eccezione di pochi caratteri rari. Sono contenuti in gran parte nell'HSK6 (2020), che corrisponde ad un livello C2. In alcuni radicali, viene aggiunta anche la spiegazione che ne da Xu Shen.

Infine, alcune peculiarità di cultura cinese possono aiutare a disambiguare gli utilizzi e i significati che si porta dietro il carattere, oltre che conoscere qualche curiosità appartenente alla cultura cinese. Quelle storiche e arcaiche sono quelle più importanti perché i primi documenti con i pittogrammi, cioè i primissimi sinogrammi, sono i gusci divinatori di tartaruga e le scapole di bue del periodo Shāng (商朝, 1600-1046 a.C.) e Zhou (周朝), raffigurati più avanti anche su vasi e di bronzo (sempre del periodo Shang e Zhou), specchi di bronzo, bracieri, pettini e strisce di seta. Sono quindi nati in epoche remote, in cui il pensiero, le abitudini, il sistema socio-politico e il progresso tecnico erano diversi da quelli moderni. Queste peculiarità costituiscono anche delle conoscenze basilari miscellanee sulla cultura cinese.

I radicali caduti in disuso (cioè quelli che non sono il radicale di nessun carattere diffuso), a parte quelli inseriti per errore nel Dizionario Kangxi, sono 入、生、隶、面、飞、首、斗、卤、黄、黹、鬯、黾、鼎、鼓、齐、龙、麻、龟 e 龠, per un totale di 19 radicali. I radicali tuttora in uso sono quindi 195 su 214.

Al contrario, tra i radicali più frequenti e aventi contemporaneamente molti caratteri nel cinese moderno si contano 人、心、言、冰、水、草、手、口、女、火、八、刀、土、尸、肉 / 月、木、竹、衣、辵、金、雨、页、食 e 阜 (presente a sinistra, in caratteri come 阴 e 阳). Molti altri, seppure ancora in uso, possiedono meno caratteri. A loro volta, questi caratteri possono essere abbastanza rari.

Lo studio dell'origine filologica dei radicali Kangxi, per capire da che raffigurazione derivano, si affianca all'eventuale recupero del significato arcaico e originale, all'evoluzione del carattere dalle ossa oracolari ai bronzi Shang e Zhou, fino alle grafie di epoca Han (descritte per esempio nella prima versione dello Shuowen Jiezi) e alla grafia tradizionale moderna, da cui infine deriva la semplificazione, il tutto osservando le versioni storiche e dunque senza affidarsi a dei meri e fuorvianti storytelling mnemotecnici. A tutto questo studio sui radicali, si affianca infine la ricostruzione filologica dei sinogrammi più diffusi in cui i radicali si collegano agli altri componenti ideogrammatici o chiavi di lettura indicanti solo e unicamente la pronuncia. Lo studio della pronuncia antica a partire dalle lingue sino-xeniche e dialetti conservativi serve a ricostruire delle caratteristiche della pronuncia in Primo Cinese Medio (successivo al cinese antico) che il cinese moderno ha perso ma che si rintracciano proprio nel lessico di origine cinese nelle altre lingue (e.g. lessico sino-giapponese, sino-coreano, sino-vietnamita, rappresentabile con i caratteri kanji, hanja e nel Chu' Nom. A volte i caratteri che compongono una parola si possono riconoscere proprio in base a delle caratteristiche della pronuncia antica, altrimenti la parola in sinogrammi si ricava da un dizionario ben fornito).

Il cinese antico è indissolubilmente legato alla prima attestazione della scrittura cinese (a partire dal 1250 a.C. circa, periodo Shang), ragion per cui la lingua e la scrittura come periodo sono strettamente collegate. I caratteri in origine sono nati per scrivere sulle piastre delle tartarughe e sulle scapole di bue messe a crepare sul fuoco per effettuare predizioni sul futuro più o meno remoto. Dai primi caratteri attestati nelle ossa oracolari (periodo Shang e Zhou) e nei bronzi Shang e Zhou si vedono le versioni originali di molti caratteri diffusi sia in passato che oggi, da cui si può ricostruire la composizione (molti altri caratteri, comunque ricostruibili, sono attestati a partire dal periodo degli Stati Combattenti e periodo Qin e Han e in poi). Le versioni originali permettono di capire meglio la loro composizione, il disegno originario, come sono evoluti e, in dei casi, la pronuncia originaria. Pertanto il cinese antico/Old Chinese è il periodo da cui si parte a fare filologia dei sinogrammi (perlomeno quelli più antichi, come i radicali Kangxi), un'attività direttamente collegata alla paleografia, che a sua volta non è una disciplina isolata da altre come l'archeologia.

Quanto al periodo del Primo Cinese Medio, in questo periodo i sinogrammi assumono grossomodo l'aspetto dei caratteri tradizionali odierni. Questa grafia deriva dall’evoluzione della prima standardizzazione dei caratteri avvenuta durante il periodo Qin (Xu Shen, usando una grafia detta “Piccolo Sigillo”/Xiaozhuan) li descrive nello Shuowen Jiezi. Durante il periodo Tang, le ossa oracolari forse erano state dissotterrate per la prima volta ma i contadini, non capendo cosa fossero e come mai avessero dei segnetti misteriosi incisi sopra, le reinterravano. In un secondo momento, sono state dissotterrate e polverizzate per creare preparati di medicina tradizionale cinese, come avveniva per esempio nel periodo Qing. Il riconoscimento dei caratteri sarebbe avvenuto nel fine Ottocento. L’osservazione delle prime versioni (ossa e bronzi), dell’evoluzione nello stile del Piccolo Sigillo e dell’ulteriore evoluzione nella versione tradizionale (poi eventualmente semplificata nella metà Novecento) permette di capire meglio i caratteri e i loro componenti.

Un'opera da cui si parte a analizzare i caratteri è proprio lo Shuowen Jiezi 说文解字 di Xu Shen 许慎 (100 d.C., scritto in epoca Han, durante il periodo in cui si parlava il Cinese degli Han Orientali, una varietà intermedia tra il tardo Old Chinese/tardo cinese antico e il Primo Cinese Medio, fermo restando che il cinese parlato durante la Dinastia Jin, che precede il Primo Cinese Medio, è ancora in via di discussione). L'opera va letta con spirito critico siccome Xu Shen descrive perlopiù i sinogrammi secondo lo stile del Piccolo Sigillo (Xiaozhuan 小篆) e secondo la prima standardizzazione avvenuta nel periodo Qin. Non ha mai consultato le ossa oracolari del periodo Shang e Zhou (cioè le piastre di tartaruga e le scapole di bue incise e trapanate e mese sul fuoco a crepare per effettuare le piromanzie, dette anche plastromanzie e scapulomanzie) e non ha nemmeno consultato i bronzi Shang e Zhou (vasi, bacinelle, piccoli contenitori, specchi, pettini, bracieri...): entrambi non erano stati ancora diseppelliti, quindi i relativi corpora di caratteri (甲骨文 e 金文), di cui oggi esistono i dizionari, erano inaccessibili. Pertanto i caratteri analizzati non sono le proto-forme/versioni originali ma sono una standardizzazione che contiene già delle stilizzazioni fuorvianti, dei componenti aggiunti o delle disposizioni dei componenti alterate rispetto alla disposizione originale. Xu Shen in dei punti commette degli errori nell'interpretazione o nella suddivisione del carattere per indicare il carattere e la chiave di lettura per la pronuncia, che riflette la sua varietà di cinese (alcune varianti dei caratteri sono varianti popolari o dei rimaneggiamenti delle chiavi di lettura per riflettere dei cambiamenti nella pronuncia tra la prima fase del cinese antico/Old Chinese e il Cinese degli Han Orientali o le varietà del periodo Qin, periodi nei quali peraltro si sono coniati nuovi caratteri). L'opera di Xu Shen è stata arricchita con degli ottimi commentari che glossano il testo. Il più famoso è quello di Duan Yucai, scritto nell'arco di oltre 30 anni e pubblicato nel 1815 (periodo Qing) e di ottima qualità nonostante nemmeno lui abbia consultato le ossa e i bronzi. Alcune glosse correggono delle informazioni di Xu Shen o le arricchiscono. In generale, si evince che lo Shuowen Jiezi va letto e consultato con un sano spirito critico, nonostante i suoi pregi indiscussi. Per esempio, va affiancato alle versioni sulle ossa e sui bronzi, ai commentari, alle varianti dei caratteri (in cui abbastanza spesso restano cristallizzati degli elementi antichi o la disposizione originale dei componenti) e a degli studi paleografici e filologici (non etimologia folk o mnemotecnica) che si intrecciano con storia, archeologia e conoscenze basilari per esempio di tecniche di agronomia, se si pensa ad esempio alla coltivazione del grano, del riso e alla loro lavorazione (la derivazione etimologica delle parole a partire dai suffissi e prefissi morfologici dell'Old Chinese è un altro tipo di ricostruzione che a volte si può intrecciare con quella di stampo paleografico, cioè incentrata sulla grafia). Altre stilizzazioni trasformano dei componenti dei caratteri in dei falsi amici. A questo si aggiunge il fatto non secondario che i caratteri cinesi hanno subito una semplificazione nella metà Novecento, ragion per cui partire ad analizzare i caratteri dalla versione semplificata è un errore in partenza, come anche analizzarli basandosi sulla grafia riportata da Xu Shen laddove il carattere è attestato da secoli prima ed è dotato di una proto-forma. Quest’ultimo comunque riporta i significati originali di ogni carattere, siccome sono evoluti: per esempio, miao4 秒 oggi indica il secondo (unità di tempo), il che rende la presenza del radicale del cereale criptica e insensata. In realtà, in origine il carattere indicava l’arista, cioè un lungo filamento sulla “buccia” dei chicchi di grano sulle spighe, il che rende il radicale subito comprensibile. Da tutte queste informazioni si può ricavare una lista di 7 errori da evitare:

  • non praticare una distinzione tra da un lato paleografia/filologia con conoscenze storico-letterarie, archeologiche e di tecniche antiche in alcuni campi (e.g. agricoltura, allevamento, metallurgia, produzione di vasellame, settore tessile) e dall’altro l’etimologia folk con mnemotecnica peraltro avulse dalle utili conoscenze di supporto elencate in precedenza;
  • analizzare i caratteri superficialmente (in base cioè alla loro apparenza immediata, a volte ingannevole per le stilizzazioni, amputazioni o aggiunte e disposizioni dei componenti);
  • analizzare solo la versione semplificata laddove hanno una versione tradizionale;
  • non prendere mai in consultazione alcuni utili varianti arcaicheggianti dei caratteri laddove presenti (esistono dizionari appositi);
  • non consultare mai le versioni sulle ossa oracolari e i bronzi Shang e Zhou laddove il carattere è attestato;
  • partire ad analizzare sempre e solo dal significato moderno, laddove sono presenti significati arcaici poi evoluti e/o perduti ma recuperabili da dizionari antichi (tra cui lo stesso Shuowen Jiezi);
  • copiare l’interpretazione integralmente da Xu Shen, che già commette degli errori nell’interpretazione e suddivisione corretti dalla paleografia e da alcune glosse e commentari ben scritti (non tutti i commentari sono uguali. Quelli di Xu Xuan e di Duan Yucai sono tra i migliori in assoluto e le loro glosse sono direttamente affiancate alla definizione originale di Xu Shen). L’opera va quindi affiancata ad altri materiali e conoscenze. L’errore di non leggere Xu Shen con un sano spirito critico si intuisce fin dagli esordi del paragrafo.

Alcune interpretazioni sono incerte o in fase di discussione ma, se non cadono in nessuno dei 7 errori, semplicemente sono indicatori di un dibattito ancora aperto che può essere chiuso con l’avanzare delle scoperte in paleografia, in linguistica storica (e.g. la derivazione morfologica in Old Chinese), in storia e in archeologia (le ossa e i bronzi sono infatti reperti archeologici. Più se ne trovano, più caratteri attestati e/o varianti antiche emergono, con tutto ciò che ne deriva).

Un ultimo errore diffuso sarebbe da includere come l'ottavo errore se non fosse limitato ai soli radicali Kangxi. Tuttavia, il fatto che i radicali Kangxi come grafia, nome e ricostruzione filologica siano il migliore punto di partenza per l'apprendimento dei sinogrammi, lo rende un errore dalle conseguenze pesanti. L'errore, riportato in disparte, è il seguente:

  • partire a ricostruire e studiare i radicali Kangxi a partire dal nome proprio in cinese, laddove presente.

Si prenda come esempio lampante卩 jie2: è universalmente noto come "il sigillo", in più come radicale ha il nome proprio in cinese traducibile come "l'orecchio singolo". Non solo i nomi propri in cinese indicano perlopiù l'apparenza grafica del carattere, ma non danno informazioni per la filologia. Jie2 non rappresenta in nessun modo un orecchio, ragion per cui questi nomi sono utili per richiamare alla mente il radicale in lingua cinese ma sono fuorvianti per la ricostruzione filologica. Quanto al suo significato, anch'esso è fuorviante perché a livello di origine non rappresenta in nessun modo un sigillo: è un uomo inginocchiato ritratto di profilo. Anche i radicali Kangxi non sono esenti dai 7 errori elencati in precedenza: per esempio, 彐 ji4 è universalmente noto come "muso di maiale" in base alla definizione di Xu Shen, ma in nessun carattere raffigura il muso del maiale, bensì stilizza una mano solitamente impegnata ad afferrare qualcosa.

I termini che designano i principali stili calligrafici cinesi sono estremamente utili per identificare specifiche forme di scrittura o quando ci si imbatte in essi durante la consultazione di dizionari di calligrafia o di testi di filologia dei sinogrammi.

I primi due termini non rappresentano stili in sé, ma piuttosto etichette associate alle versioni incise su piastre di tartaruga, scapole di bue e manufatti in bronzo. Analogamente, gli ultimi due termini non identificano stili calligrafici propriamente detti, ma sono rilevanti da elencare e distinguere quando ci si confronta con la scrittura di un carattere o si svolge attività di filologia.

A partire da questi termini e dalla loro successione, è possibile strutturare lo studio della calligrafia di base cinese per comprendere le loro peculiarità, le loro origini e le loro periodizzazioni (gli stili rappresentano evoluzioni che non derivano dall'invenzione di un singolo calligrafo, e possono sovrapporsi tra loro vari stili e proto-stili).

Nella versione riassuntiva è stato tolto il numero Unicode e ogni spiegazione riguardante i radicali: rimangono perlopiù i soli sinogrammi.

Nella seguente tabella, i Radicali Kangxi sono ordinabili in base al pinyin o alla pronuncia nel dialetto cantonese in base a un pulsante apposito. In più, si possono fare paragoni tra la pronuncia cinese attuale e quella in Primo Cinese Medio in base alla ricostruzione del Guangyun di Baxter (2011), Laddove il carattere è assente, non è stata indicata la pronuncia. Oltre al Primo Cinese Medio, sono presenti la lettura cinese in lingua coreana, vietnamita e giapponese (con derivazione storica) Go-on e Kan-on (laddove esistono più pronunce, si è optato per scegliere quella più vicina al cinese medio; per esempio, la pronuncia tarda Tang e Song 唐宋音 e le pronunce slang sono state escluse). Quella giapponese è affiancata dalla trascrizione in caratteri romani (roomaji) con il sistema Hepburn. Le vocali lunghe sono state trascritte seguendo l'ortografia invece della pronuncia, siccome la -u finale è ben distinta (e da essa si risale a un dittongo o a una coda nasale velare in cinese). La pulsantiera si può usare anche per aiutarsi a fare comparazioni con il Primo Cinese Medio con delle caratteristiche a inizio sillaba e fine sillaba (per le seconde, è stata impostata una colonna ad hoc). La romanizzazione in cantonese è stata effettuata con il sistema Jyutping. I Radicali Kangxi sono affiancati da tutte le loro variazioni, versioni semplificate e dalle variazioni rintracciabili nei kanji giapponesi e negli Han tu vietnamiti.

In fondo alla tabella sono sbrogliate alcune pronunce problematiche in coreano dei radicali Kangxi.

*Riguardo alle pronunce coreane che viene solitamente indicate del carattere 屮, esse sono 철, 초 e 좌: La pronuncia 철 indica il radicale, la pronuncia 초 si riferisce al verbo "germogliare" scritto con questo antico carattere e la pronuncia 좌 significa "mano sinistra", 𠂇, reperibile in caratteri come 有, 布 e 友 e che in coreano antico si scriveva anche 屮, che però in origine è un germoglio.

Un'altra annotazione importante va fatta su 疋, che solitamente viene chiamato 필 e 소: la pronuncia del radicale è 소 ma, se si intende il carattere come una variante di 匹, si pronuncia 필.

Un'altra riguarda 車, problematico anch'esso per le pronunce multiple: si può pronunciare 차 e 거. Si pronuncia 거 nelle parole 停車場 정거장 "parcheggio" e 自轉車 자전거 "bicicletta". Altrove, si pronuncia nell'altro modo che deriva dal Primo Cinese Medio.

Infine, 黽 è reperibile come 맹 e 민: la pronuncia del radicale è 맹, ma se il carattere si intende con il significato di "perserverare", si pronuncia 민.

Il radicale 皿 non ha pronuncia multipla, ma è comunque problematico: nella pronuncia antica (Primo Cinese Medio) finiva in *-ng e oggi in cinese moderno finisce in -n. In coreano si trova la prima versione (la più antica) e non conoscere questo mutamento di suono può portare a perplessità.

Nella tabella seguente sono riassunti i radicali di Shuowen, i predecessori dei radicali di Kangxi. Questi 540 "bù" sono stati individuati da Xu Shen nella sua analisi dei caratteri cinesi scritti durante la standardizzazione del periodo Qin, nota come Shuowen Jiezi. Xu Shen, nel suo studio, non ebbe accesso alle ossa oracolari, che erano cadute in disuso e furono riscoperti secoli dopo, forse a partire dal periodo Tang. Pertanto, descrisse i caratteri come apparivano al suo tempo, commettendo talvolta errori nella divisione e interpretazione. In alcuni casi, Xu Shen citò arcaismi presi da testi pre-Qin nascosti nei muri delle case per sfuggire ai roghi di Qin Shi Huangdi, e caratteri in uno stile calligrafico più antico, lo stile Zhouwen. Xu Shen non poté consultare nemmeno i bronzi delle dinastie Shang e Zhou.

La grafia originale di tutti i caratteri, radicali inclusi, era quella del Piccolo Sigillo e, nelle varie ristampe, correzioni e aggiunte di glosse, è rimasta intatta. L'opera è divisa in 15 parti e i radicali di Shuowen sono ulteriormente divisibili. Di questi, 34 radicali non hanno caratteri associati, mentre 159 ne contano solo uno. Lo Shuowen Jiezi esiste ancora ed è consultabile, ma la copia più antica sopravvissuta risale al periodo Tang.

Il commentario più famoso e autorevole dello Shuowen Jiezi è quello di Xu Xuan, scritto a partire dal 986 su ordine dell'Imperatore. Xu Xuan corresse molte annotazioni errate dell'edizione di Li Yangbing e aggiunse la pronuncia in fanqie, riflettendo la pronuncia del cinese medio della dinastia Song. Il secondo commentario più significativo è quello di Duan Yucai, vissuto durante la dinastia Qing. Duan impiegò 30 anni per completarlo, pubblicandolo poco prima della sua morte.

  • Lingua cinese
  • Radicali Shuowen
  • Radicali (giapponese)
  • Ricostruzione filologica dei sinogrammi più diffusi con appendice
  • Ricostruzione filologica dei sinogrammi HSK1
  • Ricostruzione filologica dei sinogrammi HSK2
  • Ricostruzione filologica dei sinogrammi HSK3
  • Ricostruzione filologica dei sinogrammi HSK4
  • Pinyin
  • Caratteri cinesi tradizionali
  • Caratteri cinesi semplificati
  • Dizionario Kangxi
  • Cinese medio con varietà di lingue sino-xeniche
  • Cinese antico
  • Proto-tibeto-birmano
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  • Hanja con lista
  • Lingua coreana
  • Lingua vietnamita
  • Chu nom con lista
  • Wikizionario contiene una appendice sui «Radicali dei caratteri cinesi»
  • Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sui Radicali dei caratteri cinesi
  • Ricerca per radicale su Unihan Database, database on-line degli standard Unicode per il cinese
  • http://qiyuan.chaziwang.com/ Archiviato il 27 settembre 2020 in Internet Archive. (dizionario filologico in cinese)
  • https://humanum.arts.cuhk.edu.hk/Lexis/lexi-mf/ (Multi-function Chinese Character Database: With Archaic Script Forms, Componential Trees, Etymologies, Shuowen Jiezi Full-text Search, ...; il nome, riportato in parte, spiega molto del suo contenuto)
  • https://www.zdic.net/ (contiene le definizioni dello Shuowen Jiezi in caratteri semplificati)
  • https://www.cidianwang.com/shuowenjiezi/ (contiene le definizioni dello Shuowen Jiezi con la riscrittura in lingua moderna)
  • http://lodel.ehess.fr/crlao/document.php?id=1217 Guangyun (9000 caratteri) con pronuncia in Middle Chinese ricostruita da Baxter (2011, fonte recente)
  • http://ocbaxtersagart.lsait.lsa.umich.edu/BaxterSagartOCbyMandarinMC2014-09-20.pdf Dizionario di 5000 caratteri con pronuncia in Old Chinese ricostruita da Baxter/Sagart (2014, fonte recente)
  • https://hvdic.thivien.net/ Dizionario di vietnamita (include le varietà arcaiche di caratteri)
  • https://hanziyuan.net/ Chinese Etimology (per visualizzare i caratteri nelle numerose versioni antiche)
  • https://cantonese.org/ Dizionario di dialetto cantonese CC-Canto
  • https://hanja.dict.naver.com/ Dizionario di hanja coreani (in coreano) Hanjanaver.com
  • https://krdict.korean.go.kr/m/eng/help?nation=eng Dizionario di coreano (include la visualizzazione in hanja e l'allungamento vocalico)
  • https://jisho.org/ Dizionario di giapponese (inclusi i kanji) Jisho.org
  • Lista dei radicali sul dizionario on-line cinese-inglese mdbg.net
  • I. Demeunynck (2017). "Il sistema dei radicali e come impararli"

Text submitted to CC-BY-SA license. Source: Radicali (cinese) by Wikipedia (Historical)


Chữ Nôm


Chữ Nôm


Il chữ Nôm (字喃𡨸喃/𡦂喃, pronuncia settentrionale: [t͡ɕɨ˦ˀ˥ nom˧˧], pronuncia meridionale: [cɨ˨˩˦ nom˧˧]) è un sistema di scrittura usato per scrivere il vietnamita, composto in gran parte (ma non solo) da sinogrammi presi in prestito durante l'occupazione cinese del Vietnam e oggi sostituito dall'alfabeto latino, inventato dai missionari europei. La storia del chữ Nôm quindi si lega a quasi tutta la storia del Vietnam.

Il chữ Nôm (la pronuncia meridionale approssimata è "k nom" con un colpo di glottide/stacco glottale/una sorta di colpetto di tosse in mezzo alle due sillabe) fa uso di un vocabolario esteso di caratteri cinesi (hànzì, 汉字); ai caratteri cinesi si sommano altri caratteri, coniati seguendo il modello cinese, che rappresentano il lessico puramente vietnamita. Il chữ Nôm venne usato fino al Novecento soprattutto dalle élite, soprattutto per la letteratura, mentre per le scritture ufficiali era usato il chữ Nho ("gno" di gnomo) e la grammatica del cinese classico, detto anche "Wenyan" in cinese (文言).

I caratteri di origine cinese, che non hanno subito accomodamenti e modifiche e che compongono parte del sistema chữ Nôm, vengono detti chữ Hán (字漢) oppure Hán tự (漢字, pronuncia approssimata han t' ) o chữ nho (字儒, letteralmente "caratteri confuciani"), mentre i caratteri inventati dai vietnamiti per indicare concetti vietnamiti sono rielaborazioni a partire dagli Hán tự equivalgono a quelli che in giapponese sono detti kokuji e in coreano gukja (in cinese, 国字, "caratteri nazionali"). Questo vocabolo in vietnamita si pronuncia quốc tự.

Le rielaborazioni si basano su una semplificazione o, in molti altri casi, su un utilizzo della parte fonetica del carattere, a cui viene affiancata un ulteriore carattere cinese per indicare il senso (e.g. in cinese, 巴 si pronuncia "bā" e in origine indicava un serpente, 三 si pronuncia "sān" e indica il numero tre; in vietnamita, il numero tre si indica con l'Hán tự 三 , "tam" e con il vocabolo vietnamita genuino "ba". Per trascriverlo, i vietnamiti hanno sfruttato come già detto la fonetica di uno Hán tự e il senso di un ulteriore Hán tự: pertanto, hanno coniato 𠀧). Un esempio di semplificazione estrema si vede invece nel carattere 𠬠 một, che indica il numero uno in vietnamita: il carattere è coniato dalla semplificazione di 没 che in cinese significa "non (avere)" ma che in vietnamita si pronunciava proprio một.

Esattamente come per gli hanzi cinesi, i kanji giapponesi e gli hanja coreani, tutti i chữ Nôm (sia Hán tự che caratteri coniati) sono basati su un sistema di 214 pittogrammi base che, come dei mattoncini, costruiscono tutti i caratteri. Essi sono detti "Radicali Kangxi" (康熙部首) e sono stati standardizzati nel celebre Dizionario Kangxi 康熙字典 (1716), durante il periodo Qing (清朝), l'ultima dinastia imperiale cinese.

I caratteri in vietnamita possono subire delle inversioni sintattiche rispetto al cinese, giapponese e coreano siccome il determinante si mette dopo il determinato, caratteristica che distingue il vietnamita dalle altre tre lingue.

I sinogrammi (汉字) sono nati nell'Impero Cinese (le prime tracce risalgono al 1250 a.C., durante la dinastia Shang 商朝) e in origine non erano nati per ottemperare a una funzione burocratica o per comporre opere storiche o letterarie o tecniche o con simili finalità pratiche. I sinogrammi in origine erano dei pittogrammi simili ai geroglifici che rappresentavano parti del corpo, utensili o elementi di flora e fauna o oggetti astronomici e venivano incisi sui gusci di tartaruga o sulle scapole di bue usati (甲骨文, ossi oracolari) per le scapulomanzie. In altre parole, in un secondo momento venivano messe sul fuoco a bruciare. In base alle screpolature, si effettuava una divinazione, cioè una previsione sul futuro. In altri casi, i caratteri venivano incisi sui vasi di bronzo e altri oggetti come braceri, specchi e pettini per indicare per esempio il proprietario dell'oggetto o il nome dell'artigiano. Dopo l'estensione del corpus di caratteri, che hanno assunto la struttura radicale-chiave di lettura ("pianpang" 偏旁), i caratteri sono stati usati per tutti gli altri scopi indicati sopra. Per scrivere si usavano, prima dell'invenzione della carta (纸), i listelli di bambù rilegati tra loro con un legaccio fino a formare un rotolo (冊, 册). Su questi listelli, si scriveva in verticale e da sinistra a destra ("scrittura sinistrorsa"). Il pennino (笔) era un bastoncino in legno appuntito e, in un secondo momento, sulla punta fu aggiunto un cappuccio di cuoio. L'inchiostro (墨) era formato da fuliggine, ottenuta bruciando la legna e pestando e filtrando la polvere, e colla, ottenuta dalla resina fusa. L'impasto veniva poi versato in uno stampino decorato, eventualmente gli veniva aggiunto del profumo per non fargli emanare un cattivo odore e veniva lasciato ad asciugare. Il risultato finale era un mattoncino solido di inchiostro che veniva sciolto bagnandolo con l'acqua e strofinandolo in una scodella di pietra. In alternativa ai listelli di bambù, come supporto su cui scrivere si usava la seta o si incidevano i caratteri su pietra. Sotto la dinastia Han fu inventata la carta, ottenuta dalla pelle delle canne di bambù bollite in un calderone. La pelle, una volta separata, veniva pestata con delle pietre, ridotta a un impasto denso e fibroso che veniva poi mescolato con acqua e colla e filtrato con dei setacci molto fini. Il risultato finale era un foglio, lasciato ad asciugare.

I sinogrammi sono stati poi esportati nella penisola coreana e, dal Regno di Baekje (Corea), sono approdati nell'Impero Giapponese. Infine, pochi secoli dopo, sono entrati in massa in Vietnam.

Il processo di ingresso dei prestiti cinesi nella lingua vietnamita (lessico sino-vietnamita, 詞漢越 Từ Hán-Việt) e in un secondo momento degli Hán tự stessi, riciclati poi per formare i caratteri nazionali, è molto lungo e si intreccia con le quattro dominazioni dell'Impero Cinese in Vietnam. Tutte queste quattro invasioni e occupazioni insieme formano un periodo storico che i vietnamiti chiamano Bắc thuộc (北屬, 北属), che letteralmente significa "Appartenenza al Nord", in senso di "Dominazione del Nord". Al tempo non esisteva il Vietnam moderno, ma esisteva il Regno di Nam Việt (南越, cinese "Nányuè") con capitale Panyu (番禺, oggi Canton 广州). Comprendeva grossomodo un territorio che corrisponde agli odierni Guangdong e Guangxi (广东,广西, inclusa Hong Kong 香港). La casata di regnanti era la dinastia Triệu (Nhà Triệu; 家趙). Il fondatore della dinastia era Zhao Tuo (Triệu Đà 趙佗), un governatore originario dell'Hebei che aveva lavorato per la dinastia Qin (秦朝), la dinastia che unificò la Cina sotto il primo impero e pose fine a un lungo periodo di lotte sanguinarie tra feudi, il periodo delle Primavere e Autunni e degli Stati Combattenti (春秋,战国). Zhao Tuo decise di fondare questo regno a Panyu perché al tempo l'Impero Qin era in fase di decadenza, finita nel 221 a.C. con la sua definitiva caduta a opera di Liu Bang (刘邦), il primo Imperatore della dinastia Han (汉朝). Il regno fu poi esteso con delle conquiste. La dinastia Triệu durò dal 204 a.C. al 111 a.C., l'anno in cui iniziò la Prima Appartenenza al Nord (Bắc thuộc lần thứ nhất 北屬吝次一), mentre al tempo regnava la dinastia Han. Il regno di Nanyue aveva un rapporto burrascoso con gli Han, a cui talvolta aveva chiesto aiuto per difendersi dal vicino regno di Minyue (闽越), che corrisponde all'attuale Fujian (福建), abitata al tempo dall'etnia Baiyue (百越, lett. "Yuè settentrionali"). La sua capitale era Yé (冶), dove oggi sorge Fuzhou (福州). Quando il Primo Ministro di Nanyue, Lü Jia (呂嘉), notò che il suo Imperatore era troppo remissivo, con un colpo di Stato lo fece uccidere insieme alla moglie e fece ascendere al trono Zhao Jiande (趙建德), un anti-Han. L'Imperatore Wu degli Han, raggiunto dalla notizia della rivolta e dell'eccidio, si infuriò e decise di muovere guerra a Nanyue/Nam Việt, appoggiato da Minyue.

Il primo Bắc thuộc risale al 111 a.C., mentre la dinastia Han era impegnata nell'espansione dell'Impero Cinese: il Regno di Nam Việt fu conquistato, annesso e diviso in nove zone. Anche il regno di Minyue venne conquistato, siccome aveva semplicemente finto di appoggiare gli Han ma in realtà faceva doppio-gioco in quanto aveva contatti segreti con Nam Việt. L'ultimo imperatore di Nanyue, Zhao Jiande e Lü Jia vennero catturati e uccisi dopo un tentativo di fuga in barca verso Minyue. Dopo l'annessione, i burocrati Han perseguirono una dominazione pacifica verso i vietnamiti ma, dopo un breve periodo, gli Han tentarono di assimilare e sinizzare i vietnamiti e inasprirono le tasse. Gli Han infatti credevano di avere una missione civilizzatrice nei confronti dei vietnamiti, visti come barbari arretrati e senza cultura, e pensavano che il loro Celeste Impero fosse al centro dell'universo. Durante il primo Bắc thuộc, i cinesi esportarono il Buddismo Chan, il Taoismo e il Confucianesimo in Vietnam. Dopo questo inasprimento dei dominatori, gran parte dei vietnamiti reagì con numerose rivolte, tutte fallite eccetto la rivolta delle sorelle Trưng, cioè Trưng Trắc (徵側) e la sorella minore Trưng Nhị (徵貳) nel 40 d.C.

Il secondo Bắc thuộc inizia nel 43 d.C., quando il generale Ma Yuan degli Han Orientali ha ripreso il potere in Vietnam e, in base ad alcuni resoconti, ha catturato e decapitato le due sorelle. Quando gli Han Orientali si separarono, formando i Tre Regni (三国) Wu, Wei e Shu (吴国,魏国,蜀国, che danno il nome a un periodo della storia cinese dopo il crollo degli Han), il territorio vietnamita passò sotto il controllo dello stato di Wu e, successivamente, di un'altra dinastia, i Liang (梁朝). Il secondo Bắc thuộc finisce con un'altra rivolta, capitanata da Lý Nam Đế (李南帝), un discendente di rifugiati cinesi che era frustrato dalla corruzione e ostilità dei governatori cinesi. Pertanto, insieme a Triệu Quang Phục, fece scoppiare una rivolta, cambiò il nome del paese in "Vạn Xuân" (萬春, "Miriade di Primavere"), fondò la dinastia Lý (544) e resistette al contrattacco dei Liang anche dopo che fu costretto a fuggire nel Regno del Laos. Lì, ormai esausto per le malattie, venne assassinato dalla popolazione locale che aveva paura dei contrattacchi delle truppe Liang. Ma il suo successore Lý Thiên Bảo 李天寶, suo fratello maggiore, riuscì a tenere testa al nemico e il suo successore nel 555, Triệu Quang Phục 趙光復, riuscì a respingere i Liang nel 557 e diventò re di Van Xuan. L'esercito cinese non solo non riuscì a ottenere particolari vittorie, ma dovette ritirarsi a Liang per fronteggiare altre guerre civili (era il Periodo delle Dinastie del Nord e del Sud). Sempre nel 557, Lý Phật Tử 李佛子, il cugino di Lý Thiên Bảo, iniziò a reclamare il trono. Dopo il ritiro delle truppe cinesi, scoppiò una guerra civile inconclusiva tra Triệu e Lý, che terminò con una tregua tra i due e una spartizione del potere e territori. Successivamente, nel 570-571 Lý ri-attaccò Triệu, colto a sorpresa perché non si aspettava un contrattacco. Lý riuscì a detronizzare Triệu, che si suicidò durante la fuga.

Il terzo Bắc thuộc è stato iniziato dalla Dinastia Sui (隋朝), che pose fine al periodo dei Tre Regni e delle Dinastie del Nord e del Sud riunificando tutta la Cina in un unico impero e dando inizio al Rinascimento Cinese, un periodo di splendore culturale della Cina che durò per le due dinastie successive, Tang e Song (唐朝,宋朝) e immortalato in particolare dalle celebri poesie delle dinastie Tang e Song. La Dinastia Sui aveva riunificato l'impero sconfiggendo nel 589 d.C. la dinastia Chen (陈朝), che a sua volta aveva conquistato i Liang. Nel dicembre 602, i Sui invasero il Regno di Van Xuan, che era governato ancora dalla Dinastia Ly. L'imperatore Lý Phật Tử, colui che aveva detronizzato Trieu poco più di un ventennio prima, decise di arrendersi per evitare le devastazioni e venne decapitato. Nel 618d.C. i Sui vengono rimpiazzati dalla Dinastia Tang, a cui passa il controllo di Van Xuan, che viene ribattezzato "Annam" (安南, "Pacifico Sud") e da cui deriva il nome della lingua vietnamita in francese, letteralmente "annamitico". I Sui furono una dinastia che durò pochi anni perché l'Imperatore Yang (隋炀帝), pur essendo riuscito a conquistare il Vietnam, aveva anche provato a invadere quattro volte la penisola coreana per assoggettare tutta la Corea, senza mai riuscirci, e aveva lasciato l'impero in bancarotta siccome si era lanciato in mega-progetti costosi come la ricostruzione della Grande Muraglia Cinese e del Gran Canale della Cina, oggi patrimonio UNESCO. A causa delle numerose guerre fallimentari, i cinesi pur di non essere arruolati si facevano venire il "piede fortunato", cioè si rompevano apposta gli arti. I cinesi, pur di sbarazzarsi di Yang, dovettero architettare un complotto e strangolarlo intanto che si era riparato dalle rivolte a Jiangdu (江都).

Anche stavolta, il Bắc thuộc finisce per una rivolta capitanata in questo caso da Ngô Quyền (吳權), che nel 938 d.C. respinge i cinesi della Dinastia Song (907) nella battaglia del fiume Bạch Đằng. Per la precisione, sconfisse la flotta cinese nascondendo dei pali di legno sotto l'acqua, che fecero incagliare le navi cinesi e permisero ai vietnamiti di bruciarle. Sale quindi al potere la Dinastia Ngô, che rinomina l'Annam "Đại Việt" (大越). Quanto alle sorti della Dinastia Ngo, dopo la morte del suo fondatore (r. 939-944), ci fu un periodo di guerra civile fatta scoppiare da un'usurpazione del trono, il Periodo dei 12 Signori della Guerra (Loạn Thập nhị sứ quân, 939-968). In questo contesto di lotta, la Dinastia Ngo fu sconfitta nel 965. Il Periodo dei 12 Signori della Guerra terminò con la vittoria nel 968 del clan di Đinh Bộ Lĩnh e l'ascesa della Dinastia Đinh (丁). Nel 980, proprio mentre i Song preparavano un nuovo tentativo di invasione del Vietnam, fu portato sul trono un imperatore di 6 anni che, vista l'urgenza della situazione, venne rimpiazzato dal suo reggente, il generale Lê Hoàn. Nacque quindi la Dinastia Lê Anteriore, che respinse il tentativo di invasione dei Song nel 981 sempre nel fiume Bach Dang. La dinastia venne poi deposta dalla Dinastia Lý Posteriore (1009-1225), durante la quale nacque la prima università in Vietnam (l'"Accademia Imperiale" Quốc Tử Giám, 國子監 ad Hanoi) mentre la Dinastia Song venne poi deposta nel 1279 dalla Dinastia Yuan, che non aveva origine cinese ma mongolica. Pertanto, venne fondato il khanato mongolo (retto per primo da Kublai Khan, nipote di Gengis Khan e colui che accolse Marco Polo). Durante questo periodo, i mongoli tentarono di invadere il Vietnam, retto dalla Dinastia Trần 陳 (1225-1400), succeduta ai Ly Posteriori. Per la precisione, tentarono tre invasioni (1258, 1285, 1287-88), tutte fallite. La terza, organizzata da Kublai Khan, venne respinta proprio al fiume Bạch Đằng con la stessa tattica dei pali di legno piantati sul letto del fiume. Queste guerre estenuanti misero in crisi finanziaria il Vietnam e in questo contesto un membro di corte, Hồ Quý Ly, 胡季犛, depose l'ultimo imperatore Tran e fondò nel 1400 la Dinastia Hồ (胡).

Durante il periodo delle invasioni mongole in Cina si sviluppa il sistema chữ Nôm completo, composto da caratteri nazionali affiancati agli Hán tự. Questo sistema si stava affermando già dalla Dinastia Ngo (938 a.C.) ed era usato solo in poesia: i documenti statali, terminata la dominazione cinese, erano ancora scritti dai vietnamiti con gli Hán tự e la grammatica di cinese classico, il Wenyan. Quest'ultimo era anche il linguaggio dell'amministrazione già dal tempo dei cinesi e fu preso come sistema di scrittura l'avvento della Dinastia Ngo: i vietnamiti infatti avevano organizzato il loro impero su modello cinese e avevano conservato il sistema degli Esami Imperiali, un sistema di esami basato sulla conoscenza della scrittura e dei testi classici cinesi tale per cui chi lo superava diventava un membro dell'apparato burocratico. In più, non avevano un alfabeto e non esisteva l'hangeul, inventato in Corea dal Re Sejong il Grande della Dinastia Joseon nel 1443-1446. In Giappone esistevano già da circa un secolo il katakana e l'hiragana, ma non si erano ancora pienamente affermati: l'unico modo per scrivere era quello di tenere gli Hán tự. A parte la stele nel tempio di Bảo Ân del 1209 (vedi capitolo Ingresso del lessico cinese e dei sinogrammi in Vietnam), uno dei primi esempi di utilizzo del sistema chu nom in vietnamita è il nuovo nome dato al Vietnam dalla Dinastia Đinh (968), cioè Đại Cồ Việt, 大瞿越: il carattere Cồ 瞿, dal significato incerto, forse deriva da una traslitterazione del nome di Buddha, "Gautama" 瞿曇 喬達摩. Questo caso preciso è poi un esempio di sinogramma preso a prestito per indicare un suono puramente vietnamita, siccome la pronuncia sino-vietnamita è "cù, cụ, củ". Più avanti, dal XIII° secolo (e quindi grossomodo a partire dal passaggio tra i Ly posteriori e i Tran, 1225), gli Hán tự verranno affiancati da un set di caratteri nazionali coniati dai vietnamiti a partire dagli Hán tự, creando il secondo componente del sistema chu nom per rendere i concetti o sinonimi interamente vietnamiti. Dopodiché, iniziò anche ad affermarsi la letteratura vernacolare scritta con il chu nom completo (al tempo, esistevano già opere letterarie scritte solo con gli Hán tự, le prime tracce di letteratura nel Vietnam, come ad esempio il Nam quốc sơn hà (南國山河, Montagne e Fiumi del Paese del Sud) del generale Lý Thường Kiệt, scritto nel 1077. Tra le altre prime tracce si contano i proclami imperiali: per esempio, un editto è il Thiên đô chiếu (遷都詔) del 1010: come dice il titolo è un editto per trasferire la capitale di Đại Cồ Việt da Hoa Lư (oggi Ninh Bình) a Đại La (oggi Hanoi). Quanto alle sorti del khanato mongolo, esso venne spodestato nel 1368 dalla Dinastia Ming (明朝).

Il quarto Bắc thuộc avviene proprio sotto l'Imperatore Yongle della Dinastia Ming: nel 1407 i Ming lanciarono un'invasione, sconfissero la Dinastia Hồ (胡) e arrestarono Hồ Quý Ly, che fu costretto ad arruolarsi nell'esercito come soldato comune (di lui non si sa più nulla dopo il 1407). I Ming si riproposero il vecchio ideale di civilizzare i barbari vietnamiti in ottica etnocentrica. In particolare, imposero la moda dei capelli lunghi e promulgarono il divieto di annerirsi i denti, siccome al tempo i denti neri venivano visti per esempio come segno di bellezza (si possono anche notare in delle stampe giapponesi). Il quarto Bắc thuộc durò solo vent'anni siccome venne rovesciato da un'altra sommossa capitanata questa volta da Lê Lợi, figlio colto di una famiglia benestante di proprietari terrieri. Aveva lavorato come ufficiale finché i Ming non invasero il Vietnam. Si rifiutò di lavorare per loro e, intorno al 1427, fece scoppiare una rivolta. La rivolta fu presto sedata, ma l'Imperatore Ming, dopo avere ponderato la situazione, pensò che la gestione della rivolta in Vietnam fosse solo una distrazione. Pertanto, ritirò le truppe. Subito dopo, con una mossa audace, Lê propose ai Ming di rendere il Vietnam uno stato autonomo politicamente ma vassallo della Cina: in cambio di obbedienza e tributi, avrebbe ricevuto protezione. L'Imperatore Ming nominò immediatamente Lê Imperatore del Vietnam indipendente, pose fine all'ultimo Bắc thuộc e permise alla Dinastia Lê Posteriore (黎) di nascere. Quest'ultima poi si espanse verso sud e permise al Vietnam di raggiungere il suo massimo splendore, poi funestato da una breve usurpazione (Dinastia Mạc 莫, 1527-1533, fermata per l'intervento dei Ming) e dalle guerre civili tra il clan Trịnh del nord (鄭) e il clan Nguyễn del sud (阮), le Guerre Trịnh–Nguyễn. Quest'ultima dinastia depose i Lê Posteriori (1789) e successivamente, con l'aiuto dei francesi e dei Qing, vinse la guerra civile nel 1802 sconfiggendo i Trịnh e la Dinastia Tây Sơn (家西, 1789-1802). Il Vietnam al tempo era uno stato tributario della Dinastia Qing (清朝), l'ultima dinastia imperiale cinese (1644-1912), di origine mancese.

Terminati i Bắc thuộc, l'ultima occupazione degna di nota è il protettorato francese (1883-1945) durante il periodo coloniale: sono proprio i francesi a rendere la Dinastia Nguyen una successione di imperatori svuotati di ogni potere. I francesi restano al potere nell'Indocina Francese finché non viene invasa dall'Impero Giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. L'ultimo Imperatore, Bảo Đại (保大), abdicherà dopo la resa dei Giapponesi, nel 1945.

In tutto questo periodo di dominazioni cinesi, come già accennato, il lessico cinese approdò in Vietnam sotto forma di prestiti, componendo quindi il lessico sino-vietnamita. Una parte di questi prestiti, entrati durante la Dinastia Han (primo Bắc thuộc), risale a quando in Cina si parlava il cinese antico (上古汉语), già frammentato in varietà ma di cui esistono delle ricostruzioni di una singola varietà koiné in base ai dati noti (e.g. Baxter-Sagart, 2014).

I prestiti però sono iniziati a confluire con alta frequenza durante il terzo Bắc thuộc, durante il Rinascimento Cinese (Dinastia Tang e Song). Questo fluire di vocaboli e sinogrammi che li accompagnavano, necessari per superare gli Esami Imperiali, venne accompagnato dai rimari, cioè i dizionari organizzati per rima e accompagnati da un rudimentale sistema per indicare la pronuncia, il fanqie (反切). Il rimario più famoso dell'epoca Tang è il Qieyun (切韵), mentre quello del periodo Song è la sua espansione, detto Guangyun (广韵). Durante il periodo del massiccio ingresso dei vocaboli cinesi, in Cina si parlava il Middle Chinese, noto anche come Primo Cinese Medio (中古汉语), di cui esistono svariate ricostruzioni (e.g. Guangyun di Baxter, 2011) che prendono in esame le lingue sino-xeniche, inclusi i dialetti cinesi, e le loro varietà arcaiche, il tutto applicato ai rimari come il Qieyun e il Guangyun, sopravvissuti. Il Primo Cinese Medio aveva quattro toni, di cui conosciamo l'andamento ma non il registro di voce in cui si articolano: tono piatto, tono crescente, tono decrescente e "tono entrante", che in realtà è un modo per indicare che le vocali nelle sillabe seguite dagli stop *-p, *-t, *-k sono abbastanza brevi e sfuggite. La tonogenesi è stata collegata alla perdita di un colpo di glottide/stacco glottale presente a fine sillaba in Old Chinese e alla caduta di una *-s a fine sillaba sempre in Old Chinese. Questi due suoni, come ha dimostrato Haudricourt erano presenti pure in Vietnamita Antico (Old Vietnamese) e, in entrambe le lingue, la caduta del colpo di glottide ha causato un'antica intonazione crescente e la caduta (con eventuale lenizione in *-h) della *-s ha causato un'antica intonazione decrescente. Con l'avvento della Dinastia Yuan (元朝, khanato mongolo), si abbandonò il Tardo Cinese Medio e si passò alla varietà nota come Primo Mandarino (Early Mandarin), in cui la lingua cinese si semplificò ulteriormente. Tuttavia, il lessico sino-vietnamita basa gran parte della sua pronuncia sul Primo Cinese Medio, il che lo rende una lingua conservativa. Tuttavia, svariati suoni risalenti al Primo Cinese Medio sono stati adattati all'inventario di suoni del Vietnamita Medio, che per esempio non possedeva (e non possiede) *ts-, approssimato con "t"-.

Il primo reperto archeologico che contiene i chữ Nôm, come già accennato, è una stele nel tempio di Bảo Ân, che risale al 1209 (tardo periodo Song) e contiene 18 caratteri che indicano villaggi e persone. A questo si aggiungono le prime tracce di letteratura vietnamita, che però erano scritti solo in cinese classico. Da lì a poco, durante il khanato mongolo e quando ormai il terzo Bắc thuộc era finito, come già accennato gli Hán tự si affiancarono a un inventario sempre crescente di caratteri nazionali che però non vennero usati nel linguaggio della burocrazia, ancora ancorato al Cinese Classico (il registro formale del cinese scritto, usato dall'Old Chinese in poi). Questi caratteri erano stati confezionati a partire da semplificazione o da sinogrammi riciclati in base alla pronuncia vietnamita, usata come chiave di lettura. La poetessa Hồ Xuân Hương (胡春香, 1772 circa - 1822) è tra i poeti e gli scrittori che hanno usato il chữ Nôm con grande maestria, regalando alla lingua vietnamita lo status di lingua letteraria. Il poeta contemporaneo Xuân Diệu ha definito Hương come Bà chúa thơ Nôm, ossia la regina della poesia Nôm. Un'opera molto celebre scritta con i chữ Nôm è proprio la "Storia di Kiều" (傳翹 Truyện Kiều), pubblicato nel 1828 e scritto da Nguyễn Du (阮攸, 1765-1820). Il titolo dell'opera è anche un esempio concreto di come la scrittura segue la grammatica vietnamita, in cui il determinante segue il determinato. Di contro, i testi scritti il Wenyan seguono invece la grammatica cinese classica.

I primi missionari cattolici entrati in Vietnam nel XVI secolo provenivano dalla Spagna, Portogallo e Italia. Molti di essi erano della Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola nel 1534. Le zone in cui essi affluivano maggiormente per fare proselitismo erano la regione di Đông Kinh (Tonchino; si scrive 東京 e deriva dal vecchio nome di Hanoi, la capitale del tempo. Oggi si chiama Bắc Bộ 北部), che era molto fertile e ospita il delta del Fiume Rosso (Hồng Hà 紅河), e la regione del Nam Kỳ (Cocincina; si scrive 南圻 e corrisponde al Vietnam meridionale, in cui si trova il delta del Fiume Mekong 湄公. Oggi si chiama Nam Bộ 南部). In sintesi, approdarono nel Tonchino e nella Cocincina (quest’ultimo nome fu coniato dai francesi a partire da una città popolosa nello stato del Kerala, nell’India meridionale, chiamata “Cochin”. Non è da confondere con il nome dell’intera penisola in cui si trova il Vietnam, detta “Indocina”. La parte di Vietnam compresa tra il Tonchino e la Cocincina veniva chiamata dai francesi “Annam”). Ai missionari, si aggiunsero poi i mercanti europei.

Per la precisione, nel 1615 i preti Francesco Buzomi e Diogo Carvalho stabilirono la prima comunità cristiana in Vietnam a Hội An (會安), il cui centro storico oggi è Patrimonio UNESCO. Altri missionari celebri furono Francisco de Pina, Gaspar do Amaral, Antonio Barbosa, Antonio de Fontes, Pedro Marques e Girolamo Maiorca. In questo periodo, i missionari furono tollerati dalla Dinastia Le, quella che aveva posto fine al quarto Bac Thuoc. In questo contesto storico si inseriscono i due più famosi missionari, Alexander de Rhodes (1591 o 1593-1660) e Francisco de Pina. De Pina ha inventato l’alfabeto latino per trascrivere I suoni vietnamiti. Su questa scelta, oltre alla necessità di rendere il vietnamita comprensibile e utilizzabile per diffondere il messaggio cristiano in una popolazione non europea, deriva pure dal fatto che, tra il 1611 e il 1617, durante i suoi studi a Macau, aveva conosciuto l’“Arte da Lingoa de Iapam” di João Rodrigues, la prima grammatica di giapponese scritta da un europeo, in tre volumi e pubblicata tra il 1604 e il 1608. Nel 1617, de Pina arrivò a Dang Trong e imparò per primo a parlare fluentemente il Vietnamita Medio (o “Vietnamita Seicentesco” e, più avanti, “Vietnamita Settecentesco”). De Pina aiutò poi un altro missionario, Alexander de Rhodes, a parlare il vietnamita, che imparò anche aiutandosi con un bambino. Lo stesso de Rhodes racconta che, dopo che sbarcò a Dang Trong nel 1627, sentì i vietnamiti parlare e gli sembrarono degli uccelli che cinguettavano. Dopo un iniziale sconforto, spiegò che iniziò a studiare il vietnamita (già iniziato a studiare con de Pina) con lo stesso zelo con cui studiò teologia a Roma. Dopo soli 6 mesi, sapeva pregare in vietnamita. De Pina morì annegato mentre tentava di salvare delle persone da una barca che stava naufragando nel dicembre 1625.

De Rhodes raccolse l’eredità di de Pina e usò l’alfabeto latino per confezionare il primo dizionario di vietnamita pubblicato. Per la precisione, de Rhodes si basò su due dizionari manoscritti oggi perduti, un dizionario di portoghese-vietnamita di Barbosa (Diccionário português-anamita) e un dizionario di lingua vietnamita di Amaral (Diccionario da Lingua Annamitica). A queste due fonti, aggiunse il latino classico. Il dizionario venne pubblicato a Roma, previo permesso dei superiori, nel 1651. Il nome è “Dictionarivm annamiticvm, lvsitanvm, et latinvm” e il nome completo, reperibile dalla copertina (l’opera è sopravvissuta) è ”Dictionarivm annamiticvm, lvsitanvm, et latinvm ope sacrae congregationis de propaganda fide in lvcem editvm ab Alexandro de Rhodes E societate IESV, eiusdemque Sacra Congregationis Missionario Apostolico. ROMAE, typis, et sumptibus eiusdem Sacr. Congreg. 1651. SVPERIORVM PERMISSO”. Il lavoro, dopo due introduzioni dell’autore, si chiude con un breve excursus di grammatical e fonetica. Da quest’ultimo, insieme agli excursus negli altri dizionari (che distinguono pure tra varietà del nord e del sud), ai relitti grafici nell’alfabeto di ispirazione portoghese (e.g. il suono odierno /f/ scritto come “PH”) e alle lingue sino-xeniche, si possono ricavare informazioni molto preziose per ricostruire la pronuncia del Vietnamita Medio.

Ma la tolleranza verso di loro diminuì durante la guerra civile tra clan. Per la precisione, i Trịnh del nord avevano espulso i missionari dal Vietnam. Anche de Rhodes era stato espulso nel 1630, con l'accusa di essere una spia del clan avversario. Dopo essersi recato a Macau, tornò in Vietnam e si recò dagli Nguyễn, salvo poi essere cacciato pure da loro nel 1646 e, tornato a Roma nel 1649, pubblicò il dizionario sopracitato (de Rhodes non riuscì mai più a tornare in Vietnam e fu mandato dai gesuiti in Persia, dove morì a Isfahan nel 1660). I Nguyễn del sud invece erano più tolleranti pure se scettici. Questa situazione continuò fino alla vittoria del clan Nguyễn, appoggiato dai francesi: nel 1802 il principe Nguyễn Ánh, favorevole ai cristiani, diventò Imperatore col nome Gia Long (嘉隆) e fondò la Dinastia Nguyễn. L’imperatore era un amico intimo del vescovo di Adran, Pierre Pigneau de Behaine (1741-1799, nome in vietnamita: 悲柔), che a sua volta era molto soddisfatto della tolleranza dell’Imperatore verso i cristiani. Pigneau aveva imparato il cinese e il vietnamita mentre era a Pondicherry, un territorio in India occupato dai francesi ed è noto per avere scritto il secondo dizionario di vietnamita nel 1773 insieme a otto vietnamiti del sud. Nonostante abbia un titolo in francese, il dizionario è in latino ed è il primo a includere gli Hán tự. Il dizionario, rimasto in forma manoscritta, fu pubblicato dal missionario Jean-Louis Taberd (1794-1840) nel 1838.

Le sorti si invertirono quando Gia Long, scettico verso i missionari francesi e spagnoli, nominò successore Minh Mạng, un conservatore confuciano. Da quel momento, i missionari vennero perseguitati. Queste persecuzioni portarono all’intervento dei francesi in Vietnam, già desiderosi di avere influenza in Vietnam e restìi a farsi espellere. La campagna francese in tutta l’Indocina si lega al periodo colonialista ed è datata 1858-1883. La prima guerra è fatta scoppiare da Napoleone III in concomitanza con la Seconda Guerra dell’Oppio in Cina, di cui fu approfittato perché delle forze francesi erano già schierate vicino al Vietnam. Il casus belli fu l’esecuzione di due missionari spagnoli da parte dell’Imperatore Tự Đức. All’assalto parteciparono pure gli spagnoli con delle truppe filippine (fino al 1898 le Filippine erano territorio spagnolo insieme a Cuba e Puerto Rico). La prima guerra (“Campagna di Cocincina”) finì nel 1862 per la tenacia dei vietnamiti e perché i francesi furono distratti dall’ultima guerra d’indipendenza italiana. Con la fine della guerra, i francesi ottennero la Colonia di Cocincina con centro amministrativo a Saigon. Il Tonchino e Annam diventeranno un protettorato francese nel 1883 (Campagna del Tonchino), dopo una seconda invasione francese: nel 1883, la Francia controllava l’intero Vietnam. Tutti questi territori sotto al controllo francese vennero chiamati “Indocina Francese” e includevano pure il Laos e la Cambogia. In particolare, il Laos fu conquistato nel 1893 e strappato al regno di Siam (l’attuale Thailandia), che lo controllava da poco più di cent’anni, mentre la Cambogia, suddivisa tra Siam e Vietnam, era già diventata un protettorato francese dal 1863.

In questo contesto si collocano gli ultimi tre grandi dizionari di vietnamita del fine ‘800: il primo è di Huỳnh Tịnh Của, meglio noto come Paulus Của (1830-1907. Oggi, la grafia corretta è “Qua”). Paulus Cua è stato un vietnamita convertito al cristianesimo che ha studiato a Penang, in Malaysia, dove erano presenti i francesi. Dopo gli studi ha lavorato per l’amministrazione coloniale francese come interprete, siccome sapeva sia il francese che il vietnamita e aveva una profonda conoscenza dei caratteri cinesi (aveva pure passato gli Esami Imperiali). Non solo ha scritto e pubblicato un dizionario di Hán tự nel 1895 e 1896 in due volumi (Ðại Nam quấc âm tự vị, 2 cuốn) e molto ricco di combinazioni tra caratteri, ma nelle sue scritture usava spesso l’alfabeto latino, che ha contribuito a popolarizzare. Ha pure mandato una petizione all’imperatore Tu Duc in cui chiedeva che il sistema chữ Nôm fosse abolito, ma l’imperatore rifiutò.

Il secondo è quello di Jean Françoise Marie Génibrel (1851-1914): nel 1898 ha pubblicato un vocabolario di francese e vietnamita in versione ridotta e completa. Per la seconda versione, impiegò 14 anni, siccome nella prefazione spiega che ha iniziato a scriverlo nel 1884 facendosi aiutare da due consulenti (di cui uno vietnamita).

Il terzo è di Jean Bonet (o Bonnet, 1844-1907), uno studioso di vietnamita all’Ecole des Langues Orientales. Ha speso 20 anni in Vietnam e ha pubblicato un dizionario di francese e vietnamita nel 1899. In più, è stato il primo a tradurre un libro appartenente al canone della Bibbia (il Vangelo di Luca) in vietnamita nel 1890 (fu poi pubblicato nel 1899). Morì investito da un’auto mentre attraversava Place de la Concorde. La prima traduzione integrale della Bibbia è stata effettuata dal latino in vietnamita da Albert Schlicklin (nome vietnamita: Cố Chính Linh). La traduzione, pubblicata a Parigi nel 1916, aveva il testo parallelo in vietnamita e latino. Questa versione ha conosciuto per molti decenni un enorme successo tra i cattolici in Vietnam.

In tutto questo periodo di arrivo di missionari e di protettorato, il contatto tra il Vietnam e l’occidente è cresciuto e molte opere straniere entrarono in Vietnam e furono conosciute attraverso la traduzione in cinese classico, che le persone istruite sapevano leggere. Per rendere il nuovo lessico tecnico in Wenyan, vennero usati dei composti a base di sinogrammi, letti con la pronuncia vietnamita. Un esempio in cinese è il vocabolo “matematica”, che è stato reso come “lo studio (数) dei numeri (学)”, 数学. Questa stessa soluzione venne adottata dai giapponesi e coreani, con qualche eccezione di traduzione coniata localmente. Quanto ai nomi stranieri, sono stati adattati con una successione di sillabe che approssimavano la pronuncia dai cinesi e giapponesi (la “soluzione” venne poi presa a prestito dai vietnamiti, mentre in coreano può essere più libera). Se il nome era già scritto con sinogrammi (e.g. nomi di cinesi, giapponesi e coreani), i caratteri venivano semplicemente letti ad alta voce con la pronuncia vietnamita (Anche i coreani e i giapponesi hanno adottato questa soluzione). Queste due soluzioni sono state pure applicate anche per la pronuncia dei nomi degli stati, si pensi ad esempio a “Giappone”, 日本 Nhật Bản e a “Portogallo”, 葡萄牙Bồ Đào Nha (soluzione cinese presa a prestito). In più, in Cina i nomi propri scritti in sinogrammi (coreani, giapponesi, vietnamiti) vengono semplicemente letti con la pronuncia cinese. Per esempio, “Kim Il Sung” (김일성, 金日成) viene pronunciato “Jin1 Ri4cheng2”.

Il chữ Nôm è stato soppiantato a partire dal 1918 dal quốc ngữ, il vietnamita scritto con l'alfabeto latino basato sul sistema fonetico portoghese, introdotto durante la colonizzazione francese e creato dai missionari gesuiti. Il 1918 è l'anno in cui l'imperatore ha smesso di usare i chữ Nôm per decreto imperiale. La scrittura in ambito burocratico e ufficiale sarebbe stata possibile solo con l'alfabeto latino. Al tempo, c'era ancora la Dinastia Nguyễn, ridotta a un fantoccio nelle mani dei francesi. Questi ultimi promossero l'alfabeto latino di ispirazione portoghese (e non francese) siccome, per imparare il vietnamita, nella metà Ottocento avevano a disposizione solo il dizionario di De Rhodes (1651) e il dizionario di Pigneau (1773; pubblicato postumo nel 1838), che aveva la grafia ispirata a quella del dizionario di De Rhodes, che Pigneau considerava il suo illustre predecessore. I chữ Nôm non sono mai stati standardizzati, pertanto alcuni caratteri coniati dai vietnamiti hanno più varianti. Nel 1919, erano stati tenuti per l'ultima volta gli Esami Imperiali su modello cinese, in cui per partecipare bisognava conoscere i classici confuciani e gli Hán tự. L'insegnamento dei caratteri cinesi, durante l'occupazione francese, divenne una materia marginale nei curricola scolastici, tutti improntati sul modello francese. In questo stesso periodo, a causa della Grande Depressione, si registrarono rivolte dei vietnamiti contro i francesi. I vietnamiti non ebbero nessun privilegio nemmeno dopo che appoggiarono i colonizzatori francesi nella Prima Guerra Mondiale. La stessa ipocrisia dei colonizzatori si notò quando il celebre rivoluzionario Pahn Chu Trin (潘周楨, 1872-1926) scrisse al governatore invitandolo a essere all'altezza della loro missione civilizzatrice e di rendere il Vietnam un paese moderno e industrializzato, siccome i francesi lo stavano solo sfruttando e lasciando arretrato.

Nel 1940, durante la Seconda Guerra Mondiale, i giapponesi invasero il Vietnam a partire dal Tonchino sia per espandersi ulteriormente, sia per bloccare i rifornimenti alla Cina (già invasa dal Giappone nel 1937) dal porto di Hải Phòng (海防). In questo contesto nacque il movimento Việt Minh (越盟), guidato da Ho Chi Minh (胡志明) e con l'obiettivo di resistere ai giapponesi.

Nel 1945, quando i Giapponesi si arresero e la Dinastia Nguyễn finì, scoppiò una guerra civile tra il Vietnam, che desiderava l'indipendenza, e i francesi. Laos e Cambogia erano state rinconquistate, ma i vietnamiti appartenenti al Viet Minh non mostravano segni di cedimento. I vietnamiti vinsero nel 1954 e, in base all'Accordo di Ginevra, venne diviso in Vietnam del Nord, socialista e con capitale Hanoi, e Vietnam del Sud, con capitale Saigon. La promessa di tenere delle elezioni che avrebbero annesso i due paesi non fu rigettata dagli Stati Uniti per il desiderio di arginare il comunismo in piena Guerra Fredda. Pertanto intrapresero un'azione militare verso il Vietnam (1955-1975), intensificatasi dal 1964 dopo l'incidente del Golfo del Tonchino, mentre Lyndon Johnson era presidente. La guerra finì quando gli americani si ritirarono e i Viet Cong del nord conquistarono Saigon nel 1975. Quest'ultima venne ribattezzata Ho Chi Minh City e in Vietnam fu implementata la possibilità per i missionari di tornare a fare attività previa approvazione del governo. Quanto all'Indocina Francese, quest'ultima si dissolse con l'indipendenza della Cambogia nel 1953 e del Laos nel 1954.

Quanto invece all'insegnamento dei sinogrammi, nel Vietnam del Nord non si insegnavano più già dal 1950. Nel Vietnam del Sud, invece, ancora si insegnavano nella scuola superiore, ma vennero soppiantati quando venne conquistato dal Nord e nacque la Repubblica Socialista del Vietnam.

Come detto in precedenza, i chữ Nôm sono stati soppiantati dall'alfabeto, che ha permesso un incremento del tasso di alfabetizzazione, e sono pressoché una lingua morta. I chữ Nôm però sopravvivono nei dizionari online promossi dalle associazioni culturali vietnamite (es. l'"Institute of Hán-Nôm Studies" ad Hanoi e la "Nom Preservation Foundation") e in alcuni dizionari storici di lingua vietnamita scritti dai missionari gesuiti. La Nom Preservation Foundation, per sua stessa dichiarazione, in più si occupa di digitalizzare documenti, dizionari e manoscritti antichi scritti in chữ Nôm per preservarli dalla distruzione operata dal tempo (alluvioni, incendi, vermi che infestano i libri e divorano i libri insieme al loro contenuto culturale...). La loro messa a disposizione libera in internet permette la loro preservazione e, al contempo, la loro diffusione capillare, in modo tale da promuovere i chữ Nôm, renderli facilmente disponibili a chi desidera studiarli o consultarli e permette anche la loro sopravvivenza culturale. Questa digitalizzazione, anche in senso generale, riguarda pure i dizionari antichi di lingue, inclusi quelli di vietnamita elencati in precedenza.

I chữ Nôm poi vengono studiati in dei corsi appositi nei curricola universitari a sfondo umanistico, pertanto in dei contesti sono materie scolastiche esattamente come avviene nelle due Coree, nonostante gli hanja siano pressoché in disuso. Per la precisione, sono necessari a chiunque per studiare, saper leggere e comprendere a fondo la letteratura vietnamita classica e la letteratura di altre lingue della sino-sfera, non solo quella cinese, anche se i testi possono essere riscritti in alfabeto latino (per esempio, è come romanizzare un'intera poesia cinese in pinyin). Nella scuola superiore, nonostante si studi letteratura vietnamita, i chữ Nôm sono poco affrontati e non sono obbligatori.

I chữ Nôm possono essere usati e studiati sia per leggere le opere antiche in vietnamita, sia per ricostruire la pronuncia del Primo Cinese Medio (e, in misura molto minore, dell'Old Chinese). In particolare, la pronuncia vietnamita, insieme a quella coreana e del dialetto cantonese, è particolarmente conservativa. Lo diventa ancora di più se i chữ Nôm vengono pronunciati con la pronuncia storica dell'alfabeto latino, risalente al periodo del Vietnamita Medio. I punti di forza della pronuncia vietnamita sono la conservazione degli stop senza rilascio udibile di suono a fine sillaba *-p, *-t, *-k e la conservazione della distinzione tra -n e *-m. Per esempio, gli stop in cinese moderno sono tutti caduti e in alcuni dialetti, eccetto il cantonese e alcune varietà di hokkien (e.g. Amoy hokkien e Taiwan hokkien), si limitano a essere preservati come un colpo di glottide/stacco glottale a fine sillaba, nato durante il Primo Mandarino (dopo la fine del Primo Cinese Medio, quando i mongoli invasero la Cina e fondarono il khanato mongolo). Il vietnamita in più conserva il suono bilabiale (BJ-, PJ-, PHJ-) in grafia laddove in cinese moderno è evoluto in /f/-; conserva anche la nasale palatale */ɲ/- (NY-) laddove in cinese è evoluta nel suono retroflesso sonoro /ʐ/-; conserva pure il suono velare nasale */ŋ/- (NG-) laddove in cinese moderno è caduto; infine, in delle occorrenze, conserva la nasale bilabiale */mj/- caduta in cinese moderno. Un esempio: il carattere 学, che in cinese si pronuncia xue2, che in vietnamita si pronuncia "học", in coreano "hak", in giapponese "gaku" e in dialetto cantonese "hok6". Da queste pronunce, Baxter (2011) ricostruisce *haewk, con aspirazione sonora e stop *-k.

I chữ Nôm possono pure essere usati per studiare il lessico sino-vietnamita (che forma fino al 60/70% dei testi scritti in registro formale e copre 1/3 di tutto il lessico vietnamita) anche nel caso in cui l'apprendente non conosce già i sinogrammi (chiaramente, nel caso in cui li conosca già, in particolare quelli tradizionali, è avvantaggiato). Lo stesso legame tra la pronuncia di una sillaba e un sinogramma permette anche di disambiguare il significato in caso di omofoni o permette di esplicitare il significato di una grande quantità di sillabe apparentemente indistinta e confusionaria con un mezzo grafico. Un esempio di composizione di parole è dato dalla seguente serie: học kỳ, học sinh, học tập, học viện, đại học, học giảe học hiệu. Tutte queste parole hanno una sillaba in comune e significano "semestre, studente, studiare/studio, istituto, università, studioso, scuola". Tutte queste parole hanno in comune il concetto generico di "studiare" e il carattere in questione è proprio 學, semplificato 学, che indica il concetto di studiare. Per la precisione, se si osserva anche la filologia del carattere, è un paio di mani che manipola i listelli di bambù di un abaco, mentre sotto si può vedere un bambino in fasce con le braccia spalancate. Le parole dunque sono ora più chiare e la loro trascrizione, da cui si possono imparare e approfondire altri caratteri per arborescenza/ramificazione e collegamenti, è 學期 (học kỳ), 學生 (học sinh), 學習/学习 (học tập), 學院 (học viện), 大學 (đại học), 學者 (học giả) e 學校 (học hiệu). Da tutte queste parole si possono estrapolare informazioni dal Primo Cinese Medio e caratteristiche che in parte ritornano nelle altre lingue sino-xeniche, in cui tutte queste parole sono presenti.

Viceversa, se un apprendente di vietnamita impara i chữ Nôm, può trasporli con delle trasformazioni linguistiche perlopiù regolari nelle altre lingue sino-xeniche, cioè appartenenti alla sinosfera, in base a come le ha definite Samuel Martin (1953). La pronuncia assomiglierà sempre più a quella vietnamita se si approda a una lingua sino-xenica molto conservativa. In quest'ottica, il vietnamita si avvicina molto al coreano, al cantonese, abbastanza al giapponese e in parte al cinese moderno (la arietà più ricca di suoni e dunque più conservativa è la pronuncia del nord, che è lo standard e preserva i suoni retroflessi, che in parlanti del sud tendono a non rendere retroflessi).

Dal punto di vista artistico, i sinogrammi si possono usare a livello amatoriale e professionale anche per comporre calligrafie con una vasta varietà di stili. Per esempio, diluendo molto l'inchiostro sciolto nella scodella con molta acqua, si ottiene la grafia a corsiva "a filo d'erba" (草书), tale per cui non c'è discontinuità tra un tratto e l'altro.

(in vietnamita, la pronuncia di Saigon è quella più conservativa rispetto alla pronuncia arcaica e al Primo Cinese Medio. Quanto in particolare alla lettera đ /d/, non è da confondere con d /j/: a Hanoi si pronuncia /z/, la pronuncia storica sempre a Hanoi come indica de Rhodes era */ð/ e trascrive una */j/ con o senza colpo di glottide precedente in Primo Cinese Medio. La */j/ resta in cinese moderno. Senza conoscere la pronuncia meridionale della lettera "d" e la sua corrispondenza in Primo Cinese Medio, questa lettera è probabilmente una delle più problematiche. La "ph" si pronuncia ancora /pʰ/ in dei dialetti del nord in Vietnam, oggi è /f/. Infine, "g" è un suono fricativo, /ɣ/, ma nelle varietà linguistiche anteriori a quella registrata da de Rhodes, era occlusivo).

Se si vuole affiancare la lista di Hán tự a una ricostruzione filologica dell'origine del sinogramma e del suo significato originale con preambolo, è disponibile una ricostruzione filologica dei sinogrammi sia cinesi che usati dai vietnamiti presenti nell'HSK4 (B2) integrale, a cui si aggiungono i radicali Kangxi, che idealmente sono preliminari alla loro analisi, memorizzazione e scrittura. Il Primo Cinese Medio, derivato dall'Old Chinese/cinese antico, completa il quadro perché spiega la pronuncia sino-vietnamita, delle altre lingue sino-xeniche, dei dialetti cinesi meridionali e le differenze con la pronuncia cinese moderna.

Nella seguente tabella, i Radicali Kangxi sono ordinabili in base al pinyin o alla pronuncia nel dialetto cantonese in base a un pulsante apposito. In più, si possono fare paragoni tra la pronuncia cinese attuale e quella in Primo Cinese Medio in base alla ricostruzione del Guangyun di Baxter (2011), Laddove il carattere è assente, non è stata indicata la pronuncia. Oltre al Primo Cinese Medio, sono presenti la lettura cinese in lingua coreana, vietnamita e giapponese (con derivazione storica) Go-on e Kan-on (laddove esistono più pronunce, si è optato per scegliere quella più vicina al cinese medio; per esempio, la pronuncia tarda Tang e Song 唐宋音 e le pronunce slang sono state escluse). Quella giapponese è affiancata dalla trascrizione in caratteri romani (roomaji) con il sistema Hepburn. Le vocali lunghe sono state trascritte seguendo l'ortografia invece della pronuncia, siccome la -u finale è ben distinta (e da essa si risale a un dittongo o a una coda nasale velare in cinese). La pulsantiera si può usare anche per aiutarsi a fare comparazioni con il Primo Cinese Medio con delle caratteristiche a inizio sillaba e fine sillaba (per le seconde, è stata impostata una colonna ad hoc). La romanizzazione in cantonese è stata effettuata con il sistema Jyutping. I Radicali Kangxi sono affiancati da tutte le loro variazioni, versioni semplificate e dalle variazioni rintracciabili nei kanji giapponesi e negli Hán tự vietnamiti.


Nella tabella sotto, sono riassunti i radicali Shuowen, cioè gli antenati dei radicali Kangxi. Come dice il nome stesso, sono i 540 "bù" che Xu Shen ha individuato nella sua magistrale analisi dei caratteri cinesi scritti nella standardizzazione del periodo Qin, lo Shuowen Jiezi (Xu Shen non ha potuto consultare le ossa oracolari, cadute in disuso e diseppellite e tornate alla luce secoli dopo, forse a partire dal periodo Tang; quindi Xu Shen, nel suo studio lessicografico, descrive i caratteri come apparivano al suo tempo e compie anche alcuni errori nella divisione e interpretazione. Solo in dei casi cita degli arcaismi gǔwén 古文 presi da alcuni testi pre-Qin nascosti nei muri delle case per farli sfuggire ai roghi di Qin Shi Huangdi e cita dei caratteri in uno stile calligrafico più antico, lo stile Zhòuwén 籀文. Xu Shen non ha potuto nemmeno consultare i bronzi Shang e Zhou). La grafia originale di tutti i caratteri, radicali inclusi, era quella del Piccolo Sigillo (小篆 Xiǎozhuàn) e, nelle varie ristampe, correzioni e aggiunte di glosse, è rimasto intatto. L'opera è divisa in 15 parti e gli stessi radicali Shuowen sono divisibili in parti. 34 radicali non hanno caratteri, mentre 159 ne contano solo uno. Lo Shuowen Jiezi è tuttora esistente e consultabile, ma la prima copia sopravvissuta risale al periodo Tang. Il commentario più famoso e autorevole è quello di Xú Xuàn (徐鉉, 916–991), che scrisse a partire dal 986 su ordine diretto dell'Imperatore. Xu Xuan corresse molte annotazioni sbagliate dell'edizione di Li Yangbing e aggiunse la pronuncia in fanqie (siccome Xu Xuan è vissuto sotto la Dinastia Song, il suo fanqie riflette la pronuncia del cinese medio). Il secondo più grande commentario all'opera, è quello di Duan Yucai 段玉裁 (1735–1815), vissuto durante il periodo Qing. Impiegò 30 anni per scriverlo e lo pubblicò poco prima della propria morte. Lo Shuowen Jiezi oggi si trova anche online ed è tuttora oggetto di studio e consultazione, anche se con spirito critico (si vedano per esempio gli studi di Weldon South Coblin e Paul Serruys). "Shuowen Jiezi" è anche il nome di un programma cinese su Sun TV in cui ogni giorno una presentatrice spiega l'etimologia di un carattere al giorno al grande pubblico in soli 5 minuti.

  • De Rhodes, Alexander. Dictionarivm Annamiticvm, Lvsitanvm, et Latinvm. Roma: 1651. (non contiene Hán tự e l’autore è scritto come “Alexandro”. In fondo, parla di pronuncia e grammatica. I vocaboli sono tradotti in portoghese lusitano e latino classico)
  • Pigneau, P. J. Dictionarium anamitico-latinum. 南越洋合字彙 (南越洋合字汇). Nam việt dương hiệp tự vị. (scritto in latino da Pigneau nel 1773, scritto come “Pigneaux”, e pubblicato postumo da Jean-Louis Taberd nel 1838)
  • Huình-Tịnh Paulus Của. ĐẠI NAM QUẤC [quoc’] ÂM TỰ VỊ. 大越國音字彙 (大越国音字汇). Saigon (Sài Gòn 柴棍, oggi Ho Chi Minh City): 1895.
  • Bonnet, Jean. Dictionnaire Annamite-Français. 大越國音字彙合解大法國音(đại việt quốc âm tự vị hiệp giái đại pháp quốc âm. Parigi: 1899. (L’opera di Bonnet, scritto “Bonet”, è in francese ed è divisa in due tomi: A-M e N-X)
  • J. F. M. Génibrel. Dictionnaire Annamite-François. 大越國音漢字法譯集成. (大越国音汉字法译集成). đại việt quốc âm hán tự pháp dịch tập thành. Saigon: 1898 (iniziato a scrivere dal 1884).
  • Đào Duy Anh. Từ điển Hán- Việt 漢越詞典 (汉越词典). Saigon: 1949 (1ª edizione: 1931-1932).
  • Thiều Chửu. Hán Việt tự điển. 漢越字典 (汉越字典). Hà Nội (河内): 2009 (1ª edizione: 1942).
  • Hoang Thuc Tram. HÁN-VIỆT TÂN TỪ ĐIỂN. Saigon: 1974 (1ª edizione: 1950-1951).
  • Anthony Trần Văn Kiệm. Giúp đọc Nôm và Hán Việt ("Aiuto per leggere i caratteri Nom e sino-vietnamiti"). Nom Preservation Foundation (会保存遗产喃, “istituto di protezione dell’eredità Nom”), Vietnam: 2004 (1ª edizione: 1989).
  • Vu Van Kinh. Từ điển chữ Nôm (字典𡨸喃). Thành phố Hồ Chí Minh (城庯胡志明): 1992 (?).
  • Nguyen Hưu Vinh. Dictionary of Nom Characters with Excerpts. Institute of Vietnamese Studies, USA: 2009. (L’opera è in vietnamita)
  • Dizionario online di chữ Nôm NomFoundation.org 會保存遗产喃 (hội bảo tồn dị sản Nôm) | http://www.nomfoundation.org/
  • Dizionario online di chữ Nôm Từ điển Hán Nôm 字典汉南 | https://hvdic.thivien.net/
  • Dizionario online di chữ Nôm ChuNom.org (𡨸喃 chữ Nôm) | https://www.chunom.org/
  • Dizionario online cantonese CC-Canto/Cantonese.org | https://cantonese.org/
  • Dizionario online hanja coreani Hanja Naver.com | https://hanja.dict.naver.com/
  • Dizionario online kanji Tangorin.com | https://tangorin.com/kanji
  • Dizionario online kanji Jisho.org | https://jisho.org/
  • Dizionario online cinese mandarino MDBG.net | https://www.mdbg.net/chinese/dictionary
  • Dizionario online cinese mandarino ZDIC.net | https://www.zdic.net/
  • Convertitore online sinogramma-pinyin | https://www.pin1yin1.com/
  • Convertitore online caratteri semplificati-tradizionali e viceversa | https://www.chinese-tools.com/tools/converter-simptrad.html
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  • Chu-nôm, su sapere.it, De Agostini.
  • (EN) chu nom, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.

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